Intervista al direttore commerciale del Gruppo Unicomm Giancarlo Paola sul numero di giugno 2023 della rivista Food Retail 

RAGGIUNTO DA FOOD, GIANCARLO PAOLA FA IL PUNTO SULL’ANDAMENTO RECENTE DELL’AZIENDA E RIFLETTE SUI TEMI CALDI DEL RETAIL ITALIANO, TRA AMBIZIONI DI CRESCITA E CONTI CON LA REALTÀ. OBIETTIVO: 3 MILIARDI DI FATTURATO

Giancarlo Paola Direttore commerciale Gruppo Unicomm e Ad Gmf

Inflazione e prezzi al consumo, aumenti di listini, rapporto con l’Idm, ruolo della marca privata, riconversione delle grandi superfici, l’avanzata imperterrita del canale discount. Sono tanti i temi che scuotono i pensieri e l’operato della distribuzione moderna, scandendo tempi di risposta immediati e mettendo alla prova imprese, format e territori. Ne abbiamo parlato con Giancarlo Paola, Direttore commerciale Gruppo Unicomm e Ad Gmf. La rete vendita del player associato a Selex può contare su oltre 270 negozi diretti, tra cui 14 ipermercati Emisfero che non sembrano affatto risentire della crisi che, da tempo, sta minando le certezze e l’andamento di questo format distributivo.

Negli ultimi due anni e mezzo avete realizzato circa 20 aperture e assunto oltre 1.000 nuovi collaboratori. Cosa prevedono i piani del Gruppo Unicomm per la seconda metà del 2023?
Abbiamo da poco aperto un C+C in provincia di Ancona e un Hurrà a Città di Castello, in provincia di Perugia
(insegne dedicate, rispettivamente, ai canali cash&carry e soft discount, ndr) dovremmo avere altre tre aperture verso la fine dell’anno. Purtroppo, su alcuni cantieri siamo in ritardo per problemi “esogeni”, ma recupereremo nel 2024. Nel mentre, stiamo ristrutturando diversi punti vendita.

Il fatturato di Gruppo Unicomm nel 2022 è attestato a 2,7 miliardi di euro, +13% sul 2021 (+9,6% il trend a parità di rete). I volumi di vendita stanno sostenendo la vostra crescita o il “merito” va all’inflazione?
La nostra inflazione nel 2022 è stata più bassa della media nazionale e i volumi sono cresciuti di oltre il 4 per cento. Anche nel 2023 al momento non registriamo un calo dei volumi, salvo che in una parte limitata di punti vendita. Molto positivi anche i volumi registrati nel canale c&c.

Quali sono i passi da compiere per raggiungere i 3 miliardi di fatturato?

Al momento, nonostante lo scenario non florido del mondo del largo consumo, nei primi quattro mesi siamo
oltre il budget 2023. Continuiamo a investire in nuove strutture, nel digitale e nel Crm per proseguire nel percorso che abbiamo tracciato da anni per passare da una logica one-to-many a una logica one-to-one.

Il calo dei volumi nel grocery si sta confermando nel 2023. Secondo i dati NIQ, a totale Italia, il trend omnichannel segna -3,9% (progressivo aprile 2023), con i picchi di discount (-6,9%) ed e-commerce (-6,1%). Fanno “meglio” gli ipermercati>4.500 mq (-1,6%) e compresi tra i 2.500-4.449 mq (-0,5%) Come commenta questi dati?
La riduzione del reddito disponibile pro capite, che nel 2022 è stato di circa 150 euro in meno, in termini reali, rispetto al 1995, sta influenzando sicuramente i consumi, anche considerando che in questi trent’anni i modelli di consumo si sono evoluti generando nuove esigenze di spesa. Altra considerazione è che per molte famiglie si sono esauriti i risparmi accumulati durante la pandemia: la cosiddetta ricchezza finanziaria.
Probabilmente, la crescita dei tassi d’interesse e l’incertezza sul futuro spingeranno le famiglie a ricostituire una quota di risparmio. Altri elementi che a mio avviso stanno incidendo sulla diminuzione dei volumi sono la diminuzione della popolazione (quasi un milione in meno in sei anni) e la crescita della numerica dei punti vendita per abitanti. A questi elementi aggiungerei anche che la popolazione straniera residente, oramai quasi il 10%, ha abitudini di consumo e quindi di acquisto diversi. Va ricordato poi che la crescita dei consumi fuori casa e il minor spreco contribuiscono sicuramente alla riduzione dei consumi domestici.

Molti player della Gdo stanno cercando di dare nuova linfa agli ipermercati riconvertendo la proposta assortimentale, il layout e/o i servizi offerti.
Sulla base dell’andamento dei vostri Emisfero, qual è, a suo avviso, il futuro dell’ipermercato?
I nostri Emisfero sono 14 e al 30 aprile 2023 crescono di oltre il 13% a valore e dell’1,7% a volume. Sinceramente
è da tempo che in questo canale cresciamo più del mercato di riferimento. Negli ultimi anni abbiamo progressivamente ridotto la superficie del non alimentare mantenendo solo il presidio di alcuni settori interessati dallo sviluppo degli specializzati e dalla crescita dell’online. I metri quadri “sottratti” sono stati in parte destinati alle categorie emergenti del Lcc e in parte locati ad altre formule commerciali che hanno contribuito ad aumentare l’attrazione dei centri commerciali in cui gli Emisferi insistono. Inoltre, abbiamo continuato a curare la nostra specializzazione e distintività nei reparti freschi. L’introduzione alcuni anni fa dell’e-commerce ha contribuito alla crescita delle vendite.

All’interno della vostra rete applicate la formula del grocerant che ibrida la ristorazione con la
distribuzione?
Da diversi anni abbiamo introdotto spazi destinati alla ristorazione nei nostri negozi con risultati molto interessanti.
A oggi ne gestiamo 15 e stiamo valutando di sviluppare il canale. Sicuramente la ripresa dei consumi out of home dopo la pandemia suggeriscono di non trascurare questa formula.

L’inflazione è ancora un fenomeno sentito, eppure molti costi delle materie prime e dell’energia si sono ridotti negli ultimi sei mesi. Come sono i rapporti con l’Idm? Gli aumenti di listino da parte dell’industria sono ancora pressanti?
Nelle ultime settimane si è parlato molto di questo argomento e la nostra posizione è abbastanza chiara: nel 2022, a fronte di oggettive motivazioni, abbiamo giustamente concesso aumenti a due cifre e addirittura di oltre il 40% in alcune categorie. Avendo scelto di portare gli aumenti in modo graduale a scaffale, i margini della distribuzione si sono ridotti notevolmente come si evince dai primi bilanci pubblicati dalle aziende della Gdo. In questi mesi, a seguito della riduzione dei costi dell’energia nonché del calo delle quotazioni di alcune materie prime, non solo non abbiamo avuto riduzioni di listino, ma addirittura la maggior parte delle aziende ne hanno presentati di nuovi. Le difficoltà dei consumatori e il calo dei volumi di cui parlavamo prima suggeriscono maggiore cautela da parte di tutti. Le aziende distributive sono anche produttori relativamente alla Mdd  conoscono oramai benissimo come si costruisce il costo di un prodotto.

In una recente intervista su Food (Piani Annual Report 2023, p. 88) ha affermato che le modifiche continue dei listini da parte dei fornitori in alcuni casi hanno rivoluzionato la scala prezzo di certe categorie merceologiche e alcuni prodotti non svolgono più il ruolo per i quali vengono trattati. Questa deriva ha portato alla revisione degli assortimenti e dunque dei fornitori?
Sicuramente in alcune categorie l’inflazione ha appiattito la scala prezzi e i prodotti entry level non svolgevano
più il ruolo a cui erano destinati. Altri prodotti sono andati ben oltre il posizionamento della pl. Questa razionalizzazione degli assortimenti, unita ad altri fattori, ha sicuramente contribuito all’importante crescita della private label nel corso del 2022, che ricordo è cresciuta anche a volume e quindi al di là dell’effetto inflattivo.

A proposito della private label, nell’ultimo anno e mezzo è stata usata come primo strumento di difesa contro l’inflazione ed è accresciuto il peso delle referenze Mdd all’interno degli assortimenti delle insegne. Si ritrova in questo scenario?
Nel mio pensiero e nella nostra strategia commerciale, la Mdd ha un ruolo preciso e sempre più di differenziazione e fidelizzazione. In questo periodo di forte preoccupazione dei nostri clienti rispetto alla crescita
dell’inflazione è stata usata, come lei afferma, quale strumento di difesa del potere di acquisto dei nostri clienti e non a caso come Selex abbiamo usato il claim “Spesa Difesa”. Auspico che l’Idm continui a svolgere il suo ruolo e fare innovazione perché è obiettivo comune stimolare i consumi e portare i consumatori ad acquistare nei negozi. Ricordo che i supermercati propongono mediamente 9.000 referenze rispetto alle 3.000 medie dei discount e nei superstore il rapporto è 1 a 5. Questa maggiore o􀈉ferta, sostenuta con maggiori costi, deve continuare ad avere un valore.

Qual è il ruolo delle promozioni in questo contesto di mercato? Nell’ultimo anno abbiamo visto che si sono ridotte per numero e intensità…
La riduzione della pressione promozionale del 2022 è figlia di diverse cause: l’incremento dei panieri a prezzo bloccato nella Mdd, la mancanza di prodotto in alcune categorie (soprattutto nel periodo estivo) e la difficoltà
a proporre dei prezzi percepiti come convenienti in momenti di forte in􀈉lazione. A queste cause si aggiunge
la scelta unilaterale di alcuni produttori di bloccare gli sconti promozionali alla distribuzione (ulteriore
aumento di listino mascherato). Penso che nel secondo semestre del 2023 assisteremo a una crescita della pressione promozionale.

Dal lato opposto delle promozioni c’è l’everyday low price, una formula commerciale tornata oggi più che mai d’attualità. Qual è il suo pensiero a riguardo? Unicomm attualmente adotta questa formula?
Per questo argomento servirebbe un numero intero di Food. Nel nostro Paese chi ha provato a fare un’unica politica commerciale per tutti i territori non ha avuto molta fortuna. Le abitudini di acquisto e gli scenari competitivi sono diversi. Guardiamo la produttività a metro quadro: in alcuni territori chi registra i numeri più alti pratica una politica promozionale high-low, nonostante ci siano competitor che praticano l’edlp. In altri territori, invece, accade esattamente il contrario. Chi sostiene la tesi che le attività promozionali vadano drasticamente ridotte a mio avviso dimentica che, se fatte bene, oltre allo scopo di trasmettere convenienza hanno altri obiettivi. Solo alcuni esempi: favorire l’upgrading in alcune categorie, stimolare acquisti complementari, enfatizzare le stagionalità nonché le tradizioni locali, presentare nuovi prodotti e tante altre opportunità. Naturalmente, le modalità e gli strumenti con cui le attività promozionali vengono proposte ai clienti sono cambiate e cambieranno ancora. L’utilizzo del digital flyer, le app, la comunicazione attraverso i social, il Crm ecc. hanno portato a un’evoluzione delle politiche promozionali. Penso che tutte queste attività siano molto più stimolanti rispetto al passato. Detto questo, anche Gruppo Unicomm in alcuni territori, in presenza di importanti e aggressivi concorrenti, ha promosso una formula di edlp, scoprendo che riusciamo a fare abbastanza bene anche questo. Oggi quando individuiamo l’opportunità di aprire un nuovo negozio scegliamo insegna e formula in base al bacino di utenza e ai competitor presenti.

Perché secondo lei i discount rappresentano la “nuova prossimità”?
Questa mia affermazione è condivisa da diversi osservatori sia per la diffusione dei punti vendita sia per le location che hanno caratterizzato le aperture degli ultimi anni: circa 500 aperture negli ultimi quattro anni.
I nuovi format sviluppati da alcuni operatori che propongono anche i reparti freschi assistiti soddisfano sicuramente una spesa veloce e di prossimità.

All’interno della rete di Unicomm ci sono anche i discount Hurrà. Che peso hanno questi punti vendita e quali sono le caratteristiche principali del format?
Hurrà è un’insegna attiva in un’azienda acquisita da Unicomm (Gmf Spa-Grandi Magazzini Fioroni, ndr) e
oggi, tra diretti e affiliati, i punti vendita sono 42. Sono presenti in Italia centrale. Abbiamo proposto un nuovo
format in una recente apertura in Umbria, a Città di Castello (Pg). Oltre ai prodotti classici di un discount proponiamo in assortimento circa 500 prodotti di marca, non necessariamente dei leader, e la maggior parte hanno reparti serviti. Apriamo nuove unità quando dall’analisi del territorio riteniamo che questa insegna possa rispondere meglio di un supermercato tradizionale.

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